Sonia Vecchio So.Ve
Testo Silvia Filippi
L'incontro con le opere di So.Ve, pseudonimo di Sonia Vecchio, è paragonabile al temporale in un giorno pieno di sole. Ti coglie d'improvviso e ti lasci bagnare dalle gocce copiose sulla pelle, quasi a voler scomporre le molecole formate da particelle vibranti, aggregate per mezzo di legami chimici, presenti nel nostro profondo ed entrare in sintonia con ogni respiro vitale.
Questa è la sensazione che ti afferra al cospetto delle opere polimateriche di Sonia, artista dotata di sagace ironia e raffinata eleganza, specchio di una personalità intima e socievole. Le sue creazioni nascono dalla combinazione di materiali differenti per qualità e consistenza - fogli di alluminio recuperati, carta riciclata, pietre naturali e argille - esaltati dalla sua abilità manuale unitamente ad una personale tecnica compositiva, nella quale ella sottolinea la preziosità del legame che strutturalmente unisce le singole parti tra loro, fuori da una mera pratica meccanicistica.
La relazione che si instaura tra gli elementi è il fulcro della sua ricerca artistica, riflesso delle dinamiche relazionali umane e metafora del vincolo di interdipendenza tra le componenti del cosmo, secondo cui «ogni essere che si trova nell'universo, a seconda della sua natura e costituzione, contribuisce alla formazione dell'universo col suo agire e con il suo patire (...) Ogni parte, inoltre, dà del suo e riceve dalle altre, per quanto la sua natura recettiva lo consenta» (Plotino)
Un concetto fondante, con distinguo, la dottrina antroposofica di Steiner, che concepisce "la realtà universale come una manifestazione divina in continua evoluzione", similmente al processo artistico nel quale, come nel caso di So.Ve, si coglie “il molteplice nell'uno e l'uno nel molteplice”, una conseguenza mai casuale in quanto emanazione/espressione di un mondo superiore e spirituale.
Ed è questa la cifra stilistica dell’artista, la caratteristica preponderante della sua arte che istiga con spontaneità l'osservatore ad elevarsi sul piano fisico della visione ed inseguire, nelle forme arrotondate e granulose delle sue geometrie spaziali da toccare, la vibrazione del cosmo camminando in paesaggi immaginifici tra i sedimenti di un'antica conoscenza, nascosta sotto le sembianze dei nostri istinti primordiali.
Le trame solide rivelano quindi le corrispondenze invisibili, eppur presenti, che ci uniscono in quell'eterno peregrinare tra reale e metafisico nel viaggio dalla materia all'idea, di cui la nostra realtà fenomenica è una porzione infinitesimale del tutto.
In sintesi potremmo dire che il suo eclettismo, la disinvoltura a sperimentare medium espressivi lontani è il sintomo di un approccio, potremmo dire olistico all'arte in ragione di stimoli esterni in chiave di "un'evoluzione continua" di Sé in relazione con gli altri e l'ambiente circostante.
Silvia Filippi
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